Da qualche settimana la pittoresca campagna pubblicitaria di Veneto Stato per l'indipendenza della nostra regione ha fatto capolino pure nello spento e indifferente capoluogo polesano.
Bombardati a più riprese dall'originale metafora del cavallo bianco ingroppato da uno stallone nero, cioè "noi" veneto inculati dal resto d'Italia, ci è sgorgata dal cuore una dedica agli amici di Veneto Stato.
Primo, a noi non sembra che 'sto cavallo bianco se la passi così male. Guardate l'immagine: l'equino nero giace ormai flaccido e spompato, dopo avere a più riprese sodomizzato l'amato partner. Il quale, invece, ci appare non solo di ottimo umore, come si evince dal membro assai barzotto, ma pure piuttosto in forma, forse rinvigorito proprio dalla sottoposizione a più assaggi del dolce su e giù.
Insomma, a noi pare che il cavallo bianco dica "ancora, ancora", mentre il povero stallone inculatore implori una tregua, un po' di biada e un riposino post coitale. Comunque sia, grazie per questa pubblicità che promuove la gioia e la dignità dell'amore omosessuale. Ma veniamo alle cose serie.
Voi - e questo è il secondo punto - chiedete l'Indipendenza del Veneto. Va detto che a a noi dell'argomento non frega un cazzo, essendo privi di amor patrio e di interesse per bandiere, inni nazionali e altri orpelli sciovinisti. Il vero quesito è: che farsene dell'indipendenza? Da diversi anni la regione Veneto è in mano alla stessa gente, con qualche piccolo cambiamento di line up che non modifica l'organigramma dei poteri forti in circolazione. Negli ultimi lustri una banda di predoni ha cementificato ogni angolo della regione, inondata di capannoni, autostrade, rotatorie, aree industriali, spesso utili solo a distribuire appalti alle solite ditte. Questa gente sta scaricando ogni sorta di porcheria in Polesine, uno dei pochi territori ancora salvi dal diluvio di asfalto e cemento, senza nemmeno chiedere il permesso. E negli ultimi tempi dalle fondamenta delle più inutili e devastanti autostrade sono sbucati rifiuti tossici e tonnellate di mazzette (ma chi l'avrebbe detto).
E' la stessa gente che, mentre radeva al suolo il Veneto, si è inventata di dare i fondi a chi fa per progetti per valorizzare la fantomatica lingua veneta, idioma che ci piacerebbe conoscere, visto che dalle nostre parti basta spostarsi da Rovigo a Porto Viro per sentir parlare due dialetti completamente diversi. E' la stessa gente che ha trasformato la sanità veneta in un businness per i privati, mentre i servizi pubblici andavano in malora. Immaginiamo che, con l'indipendenza, questa bella gente qua avrebbe ancora più potere di decidere come spendere i soldi dei contribuenti veneti e come distribuire appalti e contributi. E voi vorreste dare loro più potere? Pensateci!
Vedete, in fondo non c'è niente di nuovo. Ai tempi della Serenissima, che molti di voi rimpiangono, se la passavano bene a Venezia, ma nelle campagne e tra i monti si faceva una gran vita di merda, sfruttati e tassati per mantenere i ricconi della laguna. Almeno così abbiamo letto qua e là.
In un simpatico volantino del vostro candidato alle elezioni comunali dell'anno scorso si parla dell'importanza di studiare la storia locale. A noi la storia è sempre piaciuta. Per questo ci preme sottolineare che il castello di Rovigo lo hanno costruito molto prima che arrivassero i veneziani. Il leone nel fumetto sta probabilmente spiegando agli studenti che "ai tempi della Repubblica Veneta questo era il castello che fu lasciato nel totale sfacelo e fu poi parzialmente smantellato per costruire il tempio della Rotonda". E' per dire che la terra tra i due fiumi sotto la Serenissima stava esattamente come sta oggi: inculata e rassegnata. Purtroppo, spiace deludere anche gli autonomisti polesani dell'ultima ora, non cambierebbe molto nemmeno proclamare l'indipendenza del Polesine. Dareste più poteri a quei tizi che siedono a Palazzo Celio? Non scherziamo. Il punto è che possono cambiare i confini dello Stato, ma se a governare restano sempre quelli lì, siano a Roma, a Venezia o a Palazzo Celio, non fa molta differenza. Cambia solo il cavallo nero. Eppoi guardatelo bene, 'sto cavallo bianco: secondo noi, a furia di prenderlo nel culo ci ha pure preso gusto.
Bombardati a più riprese dall'originale metafora del cavallo bianco ingroppato da uno stallone nero, cioè "noi" veneto inculati dal resto d'Italia, ci è sgorgata dal cuore una dedica agli amici di Veneto Stato.
Primo, a noi non sembra che 'sto cavallo bianco se la passi così male. Guardate l'immagine: l'equino nero giace ormai flaccido e spompato, dopo avere a più riprese sodomizzato l'amato partner. Il quale, invece, ci appare non solo di ottimo umore, come si evince dal membro assai barzotto, ma pure piuttosto in forma, forse rinvigorito proprio dalla sottoposizione a più assaggi del dolce su e giù.
Insomma, a noi pare che il cavallo bianco dica "ancora, ancora", mentre il povero stallone inculatore implori una tregua, un po' di biada e un riposino post coitale. Comunque sia, grazie per questa pubblicità che promuove la gioia e la dignità dell'amore omosessuale. Ma veniamo alle cose serie.
Voi - e questo è il secondo punto - chiedete l'Indipendenza del Veneto. Va detto che a a noi dell'argomento non frega un cazzo, essendo privi di amor patrio e di interesse per bandiere, inni nazionali e altri orpelli sciovinisti. Il vero quesito è: che farsene dell'indipendenza? Da diversi anni la regione Veneto è in mano alla stessa gente, con qualche piccolo cambiamento di line up che non modifica l'organigramma dei poteri forti in circolazione. Negli ultimi lustri una banda di predoni ha cementificato ogni angolo della regione, inondata di capannoni, autostrade, rotatorie, aree industriali, spesso utili solo a distribuire appalti alle solite ditte. Questa gente sta scaricando ogni sorta di porcheria in Polesine, uno dei pochi territori ancora salvi dal diluvio di asfalto e cemento, senza nemmeno chiedere il permesso. E negli ultimi tempi dalle fondamenta delle più inutili e devastanti autostrade sono sbucati rifiuti tossici e tonnellate di mazzette (ma chi l'avrebbe detto).
E' la stessa gente che, mentre radeva al suolo il Veneto, si è inventata di dare i fondi a chi fa per progetti per valorizzare la fantomatica lingua veneta, idioma che ci piacerebbe conoscere, visto che dalle nostre parti basta spostarsi da Rovigo a Porto Viro per sentir parlare due dialetti completamente diversi. E' la stessa gente che ha trasformato la sanità veneta in un businness per i privati, mentre i servizi pubblici andavano in malora. Immaginiamo che, con l'indipendenza, questa bella gente qua avrebbe ancora più potere di decidere come spendere i soldi dei contribuenti veneti e come distribuire appalti e contributi. E voi vorreste dare loro più potere? Pensateci!
Vedete, in fondo non c'è niente di nuovo. Ai tempi della Serenissima, che molti di voi rimpiangono, se la passavano bene a Venezia, ma nelle campagne e tra i monti si faceva una gran vita di merda, sfruttati e tassati per mantenere i ricconi della laguna. Almeno così abbiamo letto qua e là.
In un simpatico volantino del vostro candidato alle elezioni comunali dell'anno scorso si parla dell'importanza di studiare la storia locale. A noi la storia è sempre piaciuta. Per questo ci preme sottolineare che il castello di Rovigo lo hanno costruito molto prima che arrivassero i veneziani. Il leone nel fumetto sta probabilmente spiegando agli studenti che "ai tempi della Repubblica Veneta questo era il castello che fu lasciato nel totale sfacelo e fu poi parzialmente smantellato per costruire il tempio della Rotonda". E' per dire che la terra tra i due fiumi sotto la Serenissima stava esattamente come sta oggi: inculata e rassegnata. Purtroppo, spiace deludere anche gli autonomisti polesani dell'ultima ora, non cambierebbe molto nemmeno proclamare l'indipendenza del Polesine. Dareste più poteri a quei tizi che siedono a Palazzo Celio? Non scherziamo. Il punto è che possono cambiare i confini dello Stato, ma se a governare restano sempre quelli lì, siano a Roma, a Venezia o a Palazzo Celio, non fa molta differenza. Cambia solo il cavallo nero. Eppoi guardatelo bene, 'sto cavallo bianco: secondo noi, a furia di prenderlo nel culo ci ha pure preso gusto.
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