Le numerose attestazioni di stima e apprezzamento pervenute nella buca delle lettere di Ivana Fracchia ci esortano nel continuare a somministrarvi questa rubrica domenicale sulla storia di Rovigo, lontana dagli esercizi esegetici più in voga, ma allo stesso tempo curata e rigorosa nel raccontarci storie e fatti che, invero, destano stupore e maraviglia. Oggi parliamo di una delle piazze più importanti del centro storico.
I misteri di piazza Garibaldi
Nel tredicesimo secolo le dodici piazze di Rovigo erano chiamate con i nomi dei segni zodiacali. In quella che allora era nota come piazza dell'Ariete, si tenevano i riti per l'equinozio di primavera, durante i quali i cittadini di Rovigo lanciavano in aria le tradizionali zucche ornamentali di Codigoro ed erano frequenti i tafferugli con le milizie cittadine.
La piazza è oggi intitolata a Giuseppe Garibaldi, immortalato in una ruspante statua equestre posta in mezzo al liston. Benchè il volgo dia per scontato che si tratti di un omaggio al condottiero che guidò le truppe savoiarde alla conquista del Sud Italia, le cronache cittadine raccontano ben altra verità. Nel 1960, si consumò a Rovigo una delle più furenti campagne elettorali della storia repubblicana, che vide come vincitore il ragionere del catasto Giuseppe Garibaldi, abile oratore e arguto elzevirista del quotidiano locale Il Mercoledì Illustrato. Galvanizzato dalla vittoria, il ragionier Garibaldi fece innanzitutto demolire la chiesa di Santa Giustina, che il suo predecessore Vinicio Tremendoni aveva iniziato a edificare nel 1955. Al posto del sacro tempio, fece quindi innalzare l'attuale statua in bronzo che lo ritrae trionfante a cavallo. I rodigini ritennero davvero eccessiva tanta enfasi, ma inizialmente non dissero nulla, limitandosi a borbottare tra sè e sè nei tradizionali crocchi domenicali in piazza Vittorio Emanuele II. Dopo un anno di mala amministrazione, comunque, Garibaldi fu destituito con manovre politiche, dopo avere proposto la pedonalizzazione di corso del Popolo, all'epoca ancora chiamato Strada Statale 32 Transrodigina.
Numerosi monumenti attorniano la celebre piazza amata dai rodigini e perfino dagli adriesi. Il più importante è senza ombra di dubbio il Teatro Sociale, costruito sulle rovine di una piramide eretta in tempi antichissimi per onorare il profeta Herihor Siamon. Il teatro fu voluto dal commendatore Cicciuzzo Sconciaforni nel 1828, per tenervi gli spettacoli teatrali di suo figlio Piralio Sconciaforni, guitto espulso da qualunque palcoscenico per l'abitudine di tuffarsi sul pubblico alla fine degli spettacoli. Dopo la morte di Piralio, gli eredi decisero di regalare il Teatro alla città, in cambio di un buono per parcheggiare gratuitamente sulle strisce blu, valido per ottanta generazioni e tuttora in vigore.
Altrettanto singolare è la storia della Camera di Commercio. Nel 1920 essa si trovava nell'edificio antistante (di fattura normanna), ospitata in un appartamento di poche stanze, con vista sulla piazza. L'attuale sede della Borsa, all'epoca, era occupata dal prestigioso quotidiano La Voce Nuova, che in tale edificio ospitava una redazione internazionale e la tipografia, diffondendo in numerose copie il giornale serale. In quell'anno, però, una vertenza del sindacato dei giornalisti chiese e ottenne l'equiparazione dei giornalisti agli altri professionisti, imponendo quindi l'obbligo di versare loro uno stipendio mensile (fino ad allora, infatti, il codice civile prevedeva che i giornalisti fossero ridotti in schiavitù). La proprietà del giornale si trovò quindi costretta a un drastico cambio di sede, che si concretizzò in un trasloco incrociato. La Camera di Commercio cedette il proprio appartamento, ottenendo in cambio il palazzo antistante, che fu completamente restaurato con fondi europei nel 1951.
I misteri di piazza Garibaldi
Nel tredicesimo secolo le dodici piazze di Rovigo erano chiamate con i nomi dei segni zodiacali. In quella che allora era nota come piazza dell'Ariete, si tenevano i riti per l'equinozio di primavera, durante i quali i cittadini di Rovigo lanciavano in aria le tradizionali zucche ornamentali di Codigoro ed erano frequenti i tafferugli con le milizie cittadine.
La piazza è oggi intitolata a Giuseppe Garibaldi, immortalato in una ruspante statua equestre posta in mezzo al liston. Benchè il volgo dia per scontato che si tratti di un omaggio al condottiero che guidò le truppe savoiarde alla conquista del Sud Italia, le cronache cittadine raccontano ben altra verità. Nel 1960, si consumò a Rovigo una delle più furenti campagne elettorali della storia repubblicana, che vide come vincitore il ragionere del catasto Giuseppe Garibaldi, abile oratore e arguto elzevirista del quotidiano locale Il Mercoledì Illustrato. Galvanizzato dalla vittoria, il ragionier Garibaldi fece innanzitutto demolire la chiesa di Santa Giustina, che il suo predecessore Vinicio Tremendoni aveva iniziato a edificare nel 1955. Al posto del sacro tempio, fece quindi innalzare l'attuale statua in bronzo che lo ritrae trionfante a cavallo. I rodigini ritennero davvero eccessiva tanta enfasi, ma inizialmente non dissero nulla, limitandosi a borbottare tra sè e sè nei tradizionali crocchi domenicali in piazza Vittorio Emanuele II. Dopo un anno di mala amministrazione, comunque, Garibaldi fu destituito con manovre politiche, dopo avere proposto la pedonalizzazione di corso del Popolo, all'epoca ancora chiamato Strada Statale 32 Transrodigina.
Numerosi monumenti attorniano la celebre piazza amata dai rodigini e perfino dagli adriesi. Il più importante è senza ombra di dubbio il Teatro Sociale, costruito sulle rovine di una piramide eretta in tempi antichissimi per onorare il profeta Herihor Siamon. Il teatro fu voluto dal commendatore Cicciuzzo Sconciaforni nel 1828, per tenervi gli spettacoli teatrali di suo figlio Piralio Sconciaforni, guitto espulso da qualunque palcoscenico per l'abitudine di tuffarsi sul pubblico alla fine degli spettacoli. Dopo la morte di Piralio, gli eredi decisero di regalare il Teatro alla città, in cambio di un buono per parcheggiare gratuitamente sulle strisce blu, valido per ottanta generazioni e tuttora in vigore.
Altrettanto singolare è la storia della Camera di Commercio. Nel 1920 essa si trovava nell'edificio antistante (di fattura normanna), ospitata in un appartamento di poche stanze, con vista sulla piazza. L'attuale sede della Borsa, all'epoca, era occupata dal prestigioso quotidiano La Voce Nuova, che in tale edificio ospitava una redazione internazionale e la tipografia, diffondendo in numerose copie il giornale serale. In quell'anno, però, una vertenza del sindacato dei giornalisti chiese e ottenne l'equiparazione dei giornalisti agli altri professionisti, imponendo quindi l'obbligo di versare loro uno stipendio mensile (fino ad allora, infatti, il codice civile prevedeva che i giornalisti fossero ridotti in schiavitù). La proprietà del giornale si trovò quindi costretta a un drastico cambio di sede, che si concretizzò in un trasloco incrociato. La Camera di Commercio cedette il proprio appartamento, ottenendo in cambio il palazzo antistante, che fu completamente restaurato con fondi europei nel 1951.
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