Passa ai contenuti principali

Storia di Rovigo in bustine, puntata 2

Dopo il successo della prima puntata, la nostra collaboratrice Ivana Fracchia torna a raccontare le vicende storiche del capoluogo polesano in questa bella rubrica domenicale. L'approfondimento di oggi è dedicato ad una delle costruzioni più suggestive dello skyline rodigino, l'antico castello medievale, vero scrigno di segreti e misteri ancora da svelare.

Il castello di Rovigo
Le prime testimonianze di questa imponente costruzione si trovano in una bolla papale del 1054, in cui si narra di come Goffredo di Palermo, mercenario al soldo del papato, viene esiliato nella terra tra i due fiumi, dopo avere causato la sconfitta di San Paolo di Civitate contro i normanni.
Goffredo, in tale episodio, aveva condotto per errore il proprio reggimento a Gallipoli e lì si era posto in attesa delle truppe, che in realtà si trovavano 350 chilometri più a nord. C'è chi sostiene che Goffredo, in realtà, avesse deviato verso Gallipoli per un convegno amoroso con un marinaio ungherese. Fatto sta che, lasciando sguarnito il fianco delle truppe di Rodolfo di Benevento, provocò la sanguinosa sconfitta sulle rive del Fortore del settimo cavalleria guidato dal luogotenente George Armstrong Custer. In seguito alla liberazione, Leone IX intimò a Goffredo di emigrare a nord e non mettere più piede a sud del Po.
La corte di Goffredo si stabilì quindi lungo le rive dell'attuale Adigetto e qui fondò il borgo fortificato di Rùig, poi via via ribattezzata Rowig, poi Rovigo, poi Rhodigium, poi di nuovo Rovigo. Il progetto iniziale del castello era molto simile a come lo vediamo oggi: due grandi torri e una muraglia di medie dimensioni a forma di U, con la parte frontale priva di fortificazioni. "Così si esalta la continuità con l'area antistante e il monumento a Matteotti - dichiarò allora il progettista Ottavio Passanin - E poi chi volete che venga a far guerra in questa zona paludosa dimenticata da Dio?" Il fato volle che appena l'anno dopo un esercito di guerrieri lapponi vestiti da Sikh aggredì la città e la mise a ferro e fuoco. Per fermare le violenze, Goffredo stipulò con loro un trattato di pace, concedendo lo stato del Punjab e le grazie di Passanin, che fu poi venduto come eunuco di corte a Baghdad.
In seguito alla prima guerra con i Sikh, gli eredi di Goffredo, Remolo e Ramolo Tschurtschenthaler, avviarono grandi opere di fortificazione, che furono pagate con i proventi del gioco del Lotto. Furono innalzate le mura, erette sedici nuove torri di guardia e scavato un ampio fossato tutto intorno al castello, riempito di coccodrilli e murene. Nei secoli successivi, intorno al castello crebbe il borgo abitato, che conobbe la sua massima fioritura nel Settecento. In questa epoca, mentre gli eredi dei Tschurtschenthaler erano ancora asserragliati nel fortino per paura di attacchi dei Sikh, il conte Natalino Bacchiega avvia una stagione di riforme e ammodernamenti in tutta la città, come la costruzione di Palazzo Gnan, poi demolito per fare posto a un parcheggio, e il santuario di Santa Fausta del Trono Celeste.
Solo nell'Ottocento una spedizione napoleonica guidata da Gustave Fluoubert scopre che all'interno del castello erano ormai tutti morti. Nell'edificio centrale viene rinvenuto un barilotto con un biglietto "Maledetti Sikh, questo è per voi". Si tratta di una trappola esplosiva, che Fluoubert fa incautamente scattare. L'esplosione causa la morte di tutti i componenti della spedizione e riduce mezzo castello in macerie, danneggiando anche il monumento di Giacomo Matteotti, che verrà restaurato solo nel 1977. Lasciato nell'incuria per tutto il Novecento, il castello viene riportato agli antichi fasti solo nel 2010, quando l'amministrazione Merchiori lo riapre al pubblico e avvia i lavori per lo scavo di un nuovo fossato intorno al perimetro.

Commenti

Post popolari in questo blog

Una bella botta di Benito

"Apologia del fascismo io? Ci mancherebbe, conosco la storia e gli errori commessi da Mussolini. Io ho una coscienza civile". Con questa lapidaria replica sulle pagine de La Voce, si era chiusa qualche settimana fa la querelle sulla segretaria della Cisl polesana, Valeria Cittadin, sgamata dal Corriere del Veneto mentre postava su Facebook una frase di Benito Mussolini ("Molti nemici, molto onore") per controbattere alle critiche di alcuni ambientalisti sulla riconversione a carbone di Polesine Camerini. "Non m’importa che la frase sia di Mussolini, m’interessa il concetto che esprime, rappresenta come mi sento", aveva spiegato al Corriere del Veneto fin da subito. Se una frase è bella, insomma, non fa alcuna differenza che sia stata detta da Levinàs o da Adolf Hitler, da Voltaire o da Charles Manson. Incalzata dalla Voce , mentre gli altri giornali non si accorgevano della notizia, la Cittadin replicava ancora più stizzita che non c'era "nie...

Scano Boia!

Nonostante otto comuni deltini (Adria, Corbola, Papozze, Ariano, Loreo, Rosolina, Teglio di Po e PortoViro) capitanati dal prode Geremia Gennari, ambientalista estremo, Presidente dell'Ente Parco del Delta del Po veneto nonchè sindaco della Perla Verde del Delta, Porto Viro, spingano per l'approvazione del rivoluzionario Piano del Parco nel quale verranno addirittura trasformate in strade bianche alcune arterie viarie ora asfaltate, il nono Comune, Porto Tolle, sostenuto dalla Lega che annovera tra le proprie fila il vicesindaco portotollese Ivano Gibin, vero Richelieu del carroccio polesano, si oppone all'approvazione del Piano stesso se non verranno stralciati dal perimetro del Parco 1400 ettari di scani fronte mare.

Voci per la Libertà, un festival bolscevico! Ecco le prove!

(I compagni di Amnesty consegnano il premio a Cristicchi) Il dibattito sui diritti umani non si placa certo dopo la fine del festival villadosano "Voci per la Libertà". Nei giorni scorsi, pensate, il re del Bahrein ha criticato la Siria per le inaudite violenze contro i manifestanti e il presidente iraniano ha denunciato all'Onu l'abuso della violenza contro i manifestanti da parte del governo inglese. Posizioni che confermano l'interessante tesi emersa in occasione del festival 2011 dedicato ad Amnesty International: le violazioni dei diritti umani dipendono dai punti di vista. A volte vanno bene, a volte no e in fondo tutti i gusti sono gusti e in democrazia ognuno la pensa come gli pare.