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LA GRANDE STORIA DELL’UNITA’ DELLA PADANIA: seconda puntata

-2) L’antro di Milius (traduzione per i leghisti polesani: l’antro non significa l’altro, ma caverna, grotta o luogo buio e misterioso)

Viveva, vicino al villaggio dove dimorava Umburrt con la famiglia, in un tugurio mal riparato dalle intemperie, un tal Milius, un vecchio glabro e ieratico che veniva onorato dalle genti quale mistico e saggio. Prediceva il futuro leggendo le croste del paiolo della polenta taragna e di questo campava.
Favoleggiava di un tempo passato in cui i Popoli Celtici erano uniti in una grande confederazione che andava dai gelidi mari del nord popolati dal magnapatate sapiens e dall’aringa infumegà, alle calde terre dove vivevano animali favolosi e misteriosi quali il liofantico, una specie di mammuth depilato come le danzatrici delle capanne chiuse o il “leon ch’el magna el moron”, un gatto ipertrofico che si nutriva di moretti seminudi, proprio l’esatto contrariio di ciò che accadeva tra le tribù dei Berici o dei Camuni che mantecavano i gatti nel latte di capra e o se li pappavano arrostiti alla brace.
Il potere celtico, nei racconti di Milius, toccava le sponde del Marone, l’attuale Oceano Atlantico, e giungeva fino alle terre degli uomini gialli (perchè pisciavano contro vento, asseriva il Sommo)  che riuscivano a vivere in 150 nella stessa stanza, lavorando 24 ore al giorno per produrre la preziosa silca e, pare, non morivano mai (qualche ben informato faceva pesanti allusioni al contenuto del loro piatto preferito: l’avvoltino primaverico).
Queste e altre mirabilie raccontava, ai convenuti al suo antro, nelle notti buie rischiarate solo dalle odorose torce di sego e di preziosa cacca di maiale essiccata, che, oltre a essere utilizzata per far luce era anche il principale coibentante per le capanne.
A Milius brillavano gli occhi soprattutto quando, con enfasi, inatteneva i più creduli e i bambini con temi come il federalismo municipale o il racconto dell’aureo passato senza gabelle (anche se nessuno sapeva cosa fossero, non esistevano tasse a Chassanh  Magnagh). I più, per queste novelle, lo omaggiavano con polenta taragna, focaccine di grano impastate nello strutto e porzioni di cassoeula, altri, più scafati, parlavano impietosamente e apertamente di “teresina galoppante”.
A questo sant’uomo, per il suo carisma, decise di rivolgersi l’Umburrt di Bossie, così chiamato dal soprannome materno, con un’idea precisa: dar vita al Faraonato di Celtia.
Seguito dai fidi Marun Du e Calderunk si recò in visita al saggio Milius un pomeriggio di tarda primavera quando i fiori dei “brusacul” facevano capolino nelle radure del bosco. Al vecchio veggente espose la sua idea con dovizia di particolari. Milius tacque per circa un’ora in apparente meditazione (si era appisolato complice il calduccio pre estivo e la chilata di cassoeula con polenta che aveva ingurgitato a pranzo) e rianimandosi d’improvviso dopo aver emesso un rutto e un poderoso peto dall’immondo olezzo infine parlò: “E a me che ne viene?”
I tre prodi celti si guardarono come presi alla sprovvista, ma, non dandosi per vinti, iniziarono le profferte. Parlò Marun Du, gingillandosi gli zebedei col flauto che era suo inseparabile compagno: ” Avrai la carica di padre onorario della Patria e di Gran Sacerdote dell’ordine della Piramide funebre”
“Scusa, un po’ poco e un po’ da menagramo”- rispose il vecchio toccandosi le palle. Fu allora il turno di Calderunk. Strabuzzò gli occhi e disse: “Il tuo nome verrà dato a tutte le scuole del Faraonato e tutti i bambini impareranno e onoreranno il tuo nome e le tue gesta”
“Uffa, che lagna!”- inveì Milius -”Io parlo di sostanza, di cose concrete, mica di onori effimeri! E poi le scuole, ma lo sapete che la gente più è ignorante e meglio è? Imparare non serve a un cazzo e fa perdere tempo, questo è il primo messaggio che dovete far passare: il mondo è degli ignoranti. E anche dei ricchi, però, quindi, cosa mi offrite?”
E qui subentrò Umburrt. Rivolgendosi ai compagni disse: ” ve l’avevo detto o no che il vecchio era un gran paraculo?” E ancora: “Bene Milius, avrai una fornitura illimitata di vettovaglie fino alla fine dei tuoi giorni, una capanna di legno con 50 stanze che faremo costruire in nero dagli schiavi daci, un vestito nuovo di pelle d’orso che il buon Calderunk ammazzerà alla bisogna (Calderunk esplose gli occhi fuori dalla faccia e accese le guance di un vivido color porpora) e la visita quotidiana di una badante diciottenne per il rito del bunga-bunga, d’accordo?”
“Questa è musica per le mie orecchie” – disse il Sommo -”Ma di vestiti ne voglio anche uno di pelle di lupo (a Caldetunk uscì il fumo dagli orecchi e assunse un’espressione più ebete del solito) e la badante deve cambiare almeno una volta alla settimana.”
“Andata”- rispose convinto Umburrt – “Che facciamo adesso?”
“Voi nulla” – sentenziò l’affabulatore pelato – “Io comincerò a raccontare a quei creduloni dei miei ospiti notturni che la confederazione dei Popoli Celtici rinascerà quando l’eletto, l’uomo che ce l’ha sempre duro, si rivelerà e sarà figlio di un uomo e una donna venuti da lontano.”
“Secondo me”- proseguì Milius -”Sarebbe il caso però di trovare una sponda in qualche altro posto, in qualche tribù non lontana che abbia intenzioni bellicose, ma sia facilmente addomesticabile. Conosco un druido dei celti veneti, tal Tonik Gentilinh, adepto del culto del ginepro fermentato, che, quando ne abusa, parla di una cosa chiamata secessione, non si capisce bene cosa sia, di affondare le navi fenicie che risalgono l’Eridano perché dice che gli extraceltici vengono a  rubarci il lavoro e le donne. E il suo popolo lo ascolta. L’uomo che fa al caso nostro.”
“Ottimo, prepara il terreno che poi ci pensiamo noi, anche a prendere contatto con Tonik.” – sorrise Umburrt.
“Scusate”- disse con il broncio Calderunk – “Ma perché l’orso e il lupo devo cacciarli proprio io?”
Gli arrivò velocissima una bastonata su un piede che lo fece trasalire e ululare come, appunto un lupo in amore.
Milius ritrasse il bastone col quale aveva colpito l’ipertiroideo e, assumendo un’aria vaticinante proferì: “Perché sta scritto nelle stelle.”
“Ah…. Allora…”- disse ricomponendosi Calderunk.
I tre celti recuperarono l’uscita dall’antro salutando l’anziano truffatore. Appena fuori si guardarono negli occhi soddisfatti, si diedero il cinque e si diressero trotterellando verso il villaggio. L’avventura padana poteva cominciare e loro ne sarebbero stati gli eroi.

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