Frutto di uno studio di Fedora Quattrocchi dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nel quale la signora afferma, dopo un’attenta sperimentazione fatta su scala 1:1000000000 nel proprio giardino di casa, che la CO2 è facilmente interrabile (ha catturato in una sportina del Lidl lo scarico della propria Fiat Duna e l’ha seppellito sotto una pianta di oleandro) e che le estrazioni di metano in Alto Adriatico non porterebbero al fenomeno della subsidenza semplicemente iniettando nelle bolle di gas estratto qualche miliardo di ettolitri di pipì di formica rossa dell’Alto Volta, si scopre l’esistenza di un altro mitico animale deltizio: il Marangazzo acquarolo, altrimenti detto “el scorezametano”.
Del Marangazzo d’acqua, che si differenzia dal Marangazzo comune per i piedi palmati e una folta e ispida peluria similnutria sulla parte posteriore del corpo, tranne sui glutei, come per i macachi, se ne parla nelle cronache dell’Abazia di Pomposa intorno al ‘500.
Lo si descrive come un incrocio tra una pantegana acquarola e un esemplare protoumano di "maurizioferrus sienergicus!, essere che si distingueva per una forma autistica che lo portava a ripetere la frase “carbone pulito meno 80 % di emissioni”, che nessuna persona di buon senso e timorata di Dio ha mai capito cosa significasse, e per la pettinatura curata come quella del Sodoma, noto pittore rinascimentale dai controversi orientamenti sessuali.
Lo si ritrova nei racconti degli alluvionati del ‘51 che tornano al Polesine dopo che le acque si sono ritirate.
Chiaramente i racconti dei vari soggetti che ne parlano sono viziate da condizioni personali più o meno incidenti: chi aveva troppe ombre in corpo, chi non resisteva al fetore emesso da quella bestia immonda e ne rifuggiva senza soffermarsi a guardarlo.
La caratteristica che rimane comunque costante negli anni è il fatto che si attribuisce al Marangazzo acquarolo una particolare ingordigia di gas naturali che succhiava in passato da pertugi casuali nel terreno e più recentemente attingendo ai pozzi di metano creati dall’Eni negli anni ’50.In ogni caso se ne perdono le tracce dopo la chiusura dei suddetti pozzi dovuta al fenomeno dell’abbassamento del suolo (subsidenza) in seguito alle estrazioni.
Secondo lo studio di Quattrocchi, il particolare metabolismo dell’essere lo porterebbe a moltiplicare per almeno venti volte il quantitativo di gas ingurgitato che poi estrometterebbe dagli orifizi posteriori in un’orgia di miasmi e fragori. E qui arriverebbe il Ministro dello Sviluppo Economico Scajola, già Ministro dell’Interno nel precedente governo Berlusconi. Il Marangazzo acquarolo si sarebbe estinto sicuramente se alcune anime buone dell’ENI in ritirata dal Polesine non avessero raccolto alcuni cuccioli per allevarli nelle vasche di decantazione delle raffinerie di Falconara Marittima.
All’apertura dell’acquario di Genova gli eredi di quei sopravissuti, una decina, furono trasferiti in un settore vietato al pubblico che raccoglie anche altri esemplari marini particolari come, ad esempio, il “findus rigassificatoricus surgelatus”, pesce a forma di bastoncino che vive e si moltiplica nelle prossimità dei Terminal gasieri quando, per effetto dell’abbassamento della temperatura, spariscono tutte le altre specie.
Qui il Marangazzo d’acqua viene nutrito coi gas di scarico delle navi che attraccano in porto e con il quantitativo di gas che produce si alimenta una centrale che fornisce energia all’intera struttura portuale genovese.
E qui, durante le giornate del G8 del 2001, tra un pestaggio gratuito e uno immotivato, il Ministro Scajola in visita all’acquario per ingannare il tempo vide il Marangazzo e ne intuì le potenzialità.
Con l’aiuto della Dottoressa Quattrocchi ne ricostruì la genesi e comprese che, se riportato nel suo ambiente naturale, la potenza emissiva del Marangazzo acquarolo si poteva amplificare ulteriormente con indubbi vantaggi per l’autonomia energetica nazionale e che, oltretutto, a contatto con la terra d’origine, l’essere si sarebbe rapidamente moltiplicato con vantaggi ancora maggiori.
Il progetto di Scajola ha atteso qualche anno, ma adesso, vista la carica di Ministro dello Sviluppo Economico, da egli fortemente voluta, torna possibile in tutte le sue potenzialità. L’idea sarebbe questa: estraendo il gas in Alto Adriatico si abbassa il suolo e il Parco del Delta del Po diventa il Parco acquatico del Delta del Po. Qui verrebbero riportati i Marangazzi d’acqua che sarebbero allevati in stalle acquatiche e nutriti col gas estratto che moltiplicherebbero per almeno venti volte e che verrebbe raccolto mediante tubi collegati allo sfintere in apposite cisterne dell’ENI che si è già coinvolta nello sfruttamento siglando un accordo per mano del suo A.D. Scaroni alla presenza dello stesso Scajola e del Ministro della Chimica, pardon, dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
Positiva la reazione del Vicepresidente di Confindustria con delega all'Energia Antonio Costato che, vestito da Pastamatic, ha commentato con una frase sibillina, ma lapidaria: “Chi va al mulino s’infarina!”.
Del Marangazzo d’acqua, che si differenzia dal Marangazzo comune per i piedi palmati e una folta e ispida peluria similnutria sulla parte posteriore del corpo, tranne sui glutei, come per i macachi, se ne parla nelle cronache dell’Abazia di Pomposa intorno al ‘500.
Lo si descrive come un incrocio tra una pantegana acquarola e un esemplare protoumano di "maurizioferrus sienergicus!, essere che si distingueva per una forma autistica che lo portava a ripetere la frase “carbone pulito meno 80 % di emissioni”, che nessuna persona di buon senso e timorata di Dio ha mai capito cosa significasse, e per la pettinatura curata come quella del Sodoma, noto pittore rinascimentale dai controversi orientamenti sessuali.
Lo si ritrova nei racconti degli alluvionati del ‘51 che tornano al Polesine dopo che le acque si sono ritirate.
Chiaramente i racconti dei vari soggetti che ne parlano sono viziate da condizioni personali più o meno incidenti: chi aveva troppe ombre in corpo, chi non resisteva al fetore emesso da quella bestia immonda e ne rifuggiva senza soffermarsi a guardarlo.
La caratteristica che rimane comunque costante negli anni è il fatto che si attribuisce al Marangazzo acquarolo una particolare ingordigia di gas naturali che succhiava in passato da pertugi casuali nel terreno e più recentemente attingendo ai pozzi di metano creati dall’Eni negli anni ’50.In ogni caso se ne perdono le tracce dopo la chiusura dei suddetti pozzi dovuta al fenomeno dell’abbassamento del suolo (subsidenza) in seguito alle estrazioni.
Secondo lo studio di Quattrocchi, il particolare metabolismo dell’essere lo porterebbe a moltiplicare per almeno venti volte il quantitativo di gas ingurgitato che poi estrometterebbe dagli orifizi posteriori in un’orgia di miasmi e fragori. E qui arriverebbe il Ministro dello Sviluppo Economico Scajola, già Ministro dell’Interno nel precedente governo Berlusconi. Il Marangazzo acquarolo si sarebbe estinto sicuramente se alcune anime buone dell’ENI in ritirata dal Polesine non avessero raccolto alcuni cuccioli per allevarli nelle vasche di decantazione delle raffinerie di Falconara Marittima.
All’apertura dell’acquario di Genova gli eredi di quei sopravissuti, una decina, furono trasferiti in un settore vietato al pubblico che raccoglie anche altri esemplari marini particolari come, ad esempio, il “findus rigassificatoricus surgelatus”, pesce a forma di bastoncino che vive e si moltiplica nelle prossimità dei Terminal gasieri quando, per effetto dell’abbassamento della temperatura, spariscono tutte le altre specie.
Qui il Marangazzo d’acqua viene nutrito coi gas di scarico delle navi che attraccano in porto e con il quantitativo di gas che produce si alimenta una centrale che fornisce energia all’intera struttura portuale genovese.
E qui, durante le giornate del G8 del 2001, tra un pestaggio gratuito e uno immotivato, il Ministro Scajola in visita all’acquario per ingannare il tempo vide il Marangazzo e ne intuì le potenzialità.
Con l’aiuto della Dottoressa Quattrocchi ne ricostruì la genesi e comprese che, se riportato nel suo ambiente naturale, la potenza emissiva del Marangazzo acquarolo si poteva amplificare ulteriormente con indubbi vantaggi per l’autonomia energetica nazionale e che, oltretutto, a contatto con la terra d’origine, l’essere si sarebbe rapidamente moltiplicato con vantaggi ancora maggiori.
Il progetto di Scajola ha atteso qualche anno, ma adesso, vista la carica di Ministro dello Sviluppo Economico, da egli fortemente voluta, torna possibile in tutte le sue potenzialità. L’idea sarebbe questa: estraendo il gas in Alto Adriatico si abbassa il suolo e il Parco del Delta del Po diventa il Parco acquatico del Delta del Po. Qui verrebbero riportati i Marangazzi d’acqua che sarebbero allevati in stalle acquatiche e nutriti col gas estratto che moltiplicherebbero per almeno venti volte e che verrebbe raccolto mediante tubi collegati allo sfintere in apposite cisterne dell’ENI che si è già coinvolta nello sfruttamento siglando un accordo per mano del suo A.D. Scaroni alla presenza dello stesso Scajola e del Ministro della Chimica, pardon, dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
Positiva la reazione del Vicepresidente di Confindustria con delega all'Energia Antonio Costato che, vestito da Pastamatic, ha commentato con una frase sibillina, ma lapidaria: “Chi va al mulino s’infarina!”.
(da ambientepolesine.blog-attivo.com del 29 gennaio 2009)
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